“La feluca e la fiocina”, recensione di Pina D’Alatri

Photo credits: Roberto Sciarrone

È con grande piacere che riporto qui le parole della professoressa, giornalista e critica letteraria Pina D’Alatri su “La feluca e la fiocina”.

La ringrazio davvero molto per quest’attenta e profonda analisi e per essersi concentrata sulla sfumatura “naturalistica” del romanzo.

“Un romanzo, fondamentalmente ecologico, ricco di spunti narrativi e di suggestioni  letterarie di rilievo, è “ La feluca e la Fiocina”(Capponi Editore, Ascoli Piceno 2022, pag.199) di Irene Caltabiano, giovane e promettente scrittrice nata a Segrate da genitori messinesi ed attualmente cittadina della Capitale.

Il testo è intessuto di tematiche forti che si sviluppano in un mondo, apparentemente fermo in un tempo cristallizzato e avulso dalla modernità, ma, in realtà, da essa profondamente modificato e quasi adulterato.

Al centro, la lotta senza confini tra l’uomo predatore e la preda (il pescespada), in un continuo ribaltarsi di ruoli, fino al predominio del più forte che non è sempre quello supposto. Il mare diviene frontiera e luogo di contesa con ruoli interconnessi tra i due mondi: terra e mare entrano in conflitto per un predominio da assegnare a chi sarà più potente e resistente. L’habitat è geograficamente reale, Torre Faro (Messina), tuttavia pullula di aspetti fantasmagorici e suggestivi.

La scrittrice rievoca paesaggi a lei familiari ed inclusivi ma, nello stesso tempo, alienanti e misteriosi. È il bello che ammalia, come le Sirene di Ulisse, ma dà la morte a chi vi si affida. Il mondo che Irene descrive è questo: straordinariamente maliardo ma molto pericoloso. I personaggi che si muovono nel testo sono molti e vari: quelli che appartengono alla terra si illudono di poter avere la meglio sul popolo del mare ma è solo una pericolosa illusione.

Il mare è un campo di battaglia, può vincere solo chi è più sagace e più resistente: passato e presente si fondono, non hanno spazi di divisione. La lotta tra l’uomo ed il mare è eterna, la supremazia è difficile da ottenersi. Totò, il protagonista, non ama la violenza, non ama la vita di mare, non vuole togliere la vita ai giganti del mare (i pescispada), non vuole misurarsi con loro. Però qualcosa lo attrae, quell’occhio melmoso, viscido, dal potere magico ,quell’occhio prezioso di un guerriero che difende il suo mare.

L’occhio lo attrae , lo ipnotizza ma egli osa: strappa l’occhio del gigante. Inizia così una persecuzione che colpisce duramente la sua famiglia, una vendetta feroce a cui non c’è rimedio. Egli si rende conto che il corteggiamento del mare che attrae l’uomo non è altro che un inganno e non è neanche l’unico. Bisogna essere saldi, fermi non farsi attrarre da falsi maestri, rendersi conto che la vita non è favola, è impegno, è consapevolezza, è lotta per emergere ma senza sommergere nessuno. Egli è ormai capace di dipanare il groviglio che lo avvolge, ha trovato una via di fuga, grazie al gigante del mare. Sa, ormai che la via del bene è quella di maturare una forte coscienza universalistica.

Così farà ordine nel suo passato, si allineeranno le figure chiave della sua vita. Troverà ed incastrerà quei tasselli che in ordine sparso hanno occupato la sua esistenza: Il padre, il fratello, Marina, la madre, Celestino (il misterioso antiquario).

Il messaggio è forte:”Io pensai ai Mirmidoni che piangevano la loro Regina, sul fondo dello Stretto, in attesa di eleggerne una nuova, pronta ad ignoti comandi, rinnovate lotte tra gli umani e gli esseri degli abissi, tutte quelle creature che l’uomo non comprende, tutta quella Natura che non afferra, soprattutto nel palesarsi della morte”.

Totò riscatterà la morte dei suoi cari e di tutte le altre vittime sacrificali, lottando corpo a corpo con la regina del mare, la femmina  a cui strapperà l’occhio e la vita. “Forse avevo spezzato la maledizione, e con il cuore e il cervello che anelavano la pace, persi conoscenza.”

Pina D’Alatri

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